Il Re Musicante
Rosso, sì! Oggi vada per il rosso. Il rosso fa sempre il suo effetto, soprattutto con una scollatura così generosa. Le curve piene, evidenti, mi fanno sentire così femminile; un’invitante angelica demonietta era ciò che vedevano tutti…o quasi.
Ho addosso gli occhi di qualcuno, occhi che mi chiamano.
Incrocio più volte quegli occhi; alterno i suoi sguardi alla noia cocente di luci indisponenti e voci dissonanti; sono gli occhi del musicante, e le sue note, sono l’unica, insolita emozione di quella serata.
Di primo impatto, non sembrerebbe il mio tipo: appare piccolo, semplice, del suo tempo…Io, invece, son fuori dal tempo, vesto da signorina e, spesso, mi pare d’aver sbagliato epoca.
Eppure il suo sguardo m’invita, mi tenta. Lo rivedo senza sapere il perché; con pochissima convinzione.
Inizio a ricevere i suoi messaggi fiabeschi: graditi…mio malgrado.
Cerco di sfuggirgli, ho l’impressione di perder tempo e, per paradosso, ho anche l’impressione, che lui sappia bene di non perderlo e che la sua impressione, in realtà, sia più forte della mia.
Declino con ragionevoli scuse i primi inviti: li sento spaventosamente intimi quegli inviti; il musicante abbina a tenere maniere, volontà chiare e determinate.
Non è “piccolo”, né semplice, né del suo tempo… tutt’altro, e che mi piaccia o no, ha catturato la mia attenzione.
Ed eccomi a casa sua! Vestita, come al solito, in modo invitante: ho scelto un abitino nero di pizzo e voile; sopra, indosso, un leggero spolverino che evito accuratamente di togliermi.
Ho l’imbarazzante impressione che basti davvero poco per ritrovarselo addosso ed evito qualsiasi contatto fisico, sempre continuando a chiedere a me stessa se non fosse, per caso, meglio essere rimasta a casa.
Tuttavia mi confondono quelle sue domande cosi genuine, familiari… m’intrigano i suoi oggetti, il suo mondo musicale e armonioso, quell’ambiente verseggiato che mi avvolge come una bimba, dove ogni oggetto sposa felicemente l’altro come in un idilliaco incontro di note.
Nessun calendario di veline, ben più nostalgiche dive alle pareti; quei giochi di crema variegata alla fragola fra gli arredi, luci decise… e ancora rosso… invitante e seducente rosso.
Una ritmo francese estremamente sensuale e una voce femminile assolutamente erotica, ora pervadono l’appartamento.
Per un attimo mi sento un topolino spiato da un gatto affamato.
Io, sempre composta e sulle mie, trattengo l’impulso casalingo di togliermi le scarpe e ripiegare le gambe sul divano; mi sembra che ogni mia mossa sia per lui un’occasione.
Poi tutto si risolve in un attimo: in uno sguardo che parla, in una carezza fugace e buffa…e poi solo la sua bocca, le sue labbra convincenti, le mani sicure, sicurissime.
Ho piacere della sua sicurezza, ho piacere, di sentire la pienezza prepotente attraverso i suoi jeans. Un piacere che, mai e poi mai, avrei pensato di provare, con quel ragazzo “piccolo e semplice”… e dalla voce esitante.
Inizio a toccarlo, con tocchi lievi; esploro le braccia esili e la pelle carezzevole. Ho sensazioni tattili indicibili, mentre percorro il suo corpo, i suoi capelli.
I suoi ritmi sono incalzanti, veloci, frastornanti; forse è rock, certamente non “lento”, come disse qualcuno…!
I vestiti volati via in pochissimi istanti, sparsi dappertutto, le luci inebrianti della sua camera da letto, quelle note carnali in sottofondo… godono tutti i sensi di quell’atmosfera erotizzante, grazie all’energia di quel corpo minuto ma efficace da togliermi il respiro.
Poi la luce… invadente… il suo viso… gli occhi che ho evitato più volte, finalmente nitidi, chiari di volontà. Ora lo guardo; lo guardo sul serio, lo osservo con una lucida e sorprendente chiarezza, benché rapita da mille orgasmi barocchi.
Il suo corpo è carico di ritmo, mi usa, sono il suo strumento.
Io vibro! Mi par quasi di suonare fra sue braccia e che quella musica sensuale provenga dal mio corpo.
Mi suona e mi risuona in tutti i modi, il Musicante, in tutte le armonie conosciute e non, con vigore estremo… e sono fuga, tango, minuetto, allegretto moderato, poi vivace, poi adagio, e poi ancora fuga e finalmente… inno… trionfo. Lui è sempre rock… e il suo continuo baciarmi è jazz, irresistibilmente jazz.
Mi accompagna a casa; io felinamente reclinata sul suo braccio, ancora golosa della sua bocca, frastornata da tanta “musica” persistente, quasi ancora penetrata dalla prepotenza aguzza di quell’insolito musicante. La testa vuota di pensieri, i sensi accesi, nessun domani a preoccuparmi gli occhi!
***
Poi prese a suonarmi i “notturni” e senza nessun orario; le sue note iniziarono a svegliarmi con una certa modularità selvaggia.
Cominciai ad aspettare quei notturni incantevoli nei quali giocavo a far la principessa in pigiama che, nel cuore della notte, esce a cercar chissà che… forse solo il senso della follia che, peraltro, abbiamo tutti e non c’è ragione di vergognarsene.
Ciò che, invece, non è da tutti è il coraggio di mostrarle… tali benedette follie: tra matti e normali, in fondo, non passa che questa differenza!
I geni, gli artisti, i poeti, nonché i musicanti, hanno un denominatore comune: mostrano le loro follie.
Mica male!… oserei dire, la follia di Mozart o quella dello stravagante uomo della notte che con le note viaggiava, toccava, mi camminava dentro impavido.
Pur io ero folle: difficile negarlo!
Come quando cominciai a sentirmi Biancaneve e ad aspettare che qualche cretino vestito da principe azzurro mi portasse via… e d’accordo, ma dove? Nel paese dei balocchi… che davvero, fra l’altro, mi spiaceva già prima di saper degli asini.
Era sempre stato il mio cruccio: entravo troppo intensamente nei miei libri, nella musica, nell’arte… e la mia vita? Un continuo, magico fantasticare…
***
Tornando al Musicante, per qualche oscura ragione, a Biancaneve (mio super-io) piaceva. Mi dava l'impressione di essere un timido cucciolo… e lo era; era un timido cucciolo di tigre. Che sorpresa! Aveva una curiosa voce "sorridente"; una vocina flebile e lenta che sembrava scegliere le parole; talvolta, forse, erano le parole a scegliere lui… eppure quella timidezza era aggressiva come l'acqua che sembra incerta ma non teme il fuoco.
Ma che lui fosse acqua o fuoco, cucciolo di tigre o di coniglio, timido o aggressivo, principe o nano, piccolo o grande, a Biancaneve, inutile negarlo, garbava proprio tanto… e non per il suo saper suscitar "piacere", ma emozione. Non per quanto fosse bravo a mettere su spartito il kamasutra (… e sai che sforzo), diciamo, senza ragione alcuna, poiché le emozioni non si spiegano né vogliono esser spiegate.
Vero è che i principi di questi tempi scarseggiano, sono sempre più soli e passano le sere nel vuoto dei pub: piccoli o grandi che siano, gli uomini d’oggi, rifuggono ogni responsabilità; solo che i piccoli credono di essere grandi ed è proprio da ciò che capisci che son piccoli. I grandi sanno di non esser cresciuti e per questo fingono di essere ancora giovani.
Quando, per gioco, chiesi al Musicante se gli andasse di fare il Principe, per tutta risposta mi disse che preferiva fare il nano (i nani possono defilarsi con maggiore facilità)… D’accordo, ma quale dei sette? Do, Re, Mi, Fa, Sol, La o Si?
Scelse il nano Re; forse se il principe fosse stato Rosso sarebbe stato più semplice convincerlo, ma Azzurro… proprio no! Il colore del mare e del cielo: troppo protagonista. E poi - diceva egli - se già sono Re, che mi frega d'esser principe!
Mentre il nano Re svegliava Biancaneve, a suon di Notturni e Fughe, si tenevano le selezioni per il Principe Azzurro… e ancora nessuno sa che accadde dopo.(Valentina Neri)