Una strana storia

 

Quel dì... quando il professore entrò in classe... “domani cari ragazzi avrete una nuova compagna di classe, mi raccomando mettetela a proprio agio, non è italiana. Fate sì che si amalgami con voi”...

Passò il breve tempo di una giornata normale...

Nel bel mentre tutti fummo in classe e, ad un certo punto: "magica visione"... (due occhioni blu ed un maglioncino rosso), questo io subito notai...

Tutti i ragazzi e le ragazze cominciarono a fare amicizia con lei, io dal canto mio mi mantenni calmo e continuai a ripassare la lezione. (Lei si trovò subito come a casa sua, con tante nuove conoscenze).

Arrivò l'ora della ricreazione: "15 minuti". Si accostò a me e disse: scusa ti ho fatto qualcosa?...

Io... perchè?...

Lei: da quando sono qui, sei l'unico che non parla con me!

Io: quando usciremo faremo quattro chiacchiere...

All'uscita... tremavo "non di paura!"...

Ci sedemmo sulla prima panchina ed intrattenemmo una lunga conversazione; dopo, ci alzammo... l'accompagnai a piedi vicino al posto dove doveva recarsi.

Nei giorni a seguire divenimmo amici... e qualcosa di più. Furono sette mesi di frequentazione ed amicizia...

Alla fine di tale periodo... tutto sfumò e finì...

Ancor oggi, dopo trent'anni circa... (periodo trascorso per me col suo riflesso in quasi tutte le donne che andai a conoscere) ripenso a me 17 anni e mezzo e lei 16 anni. Tutto ciò forgiò la mia vita. Di donne ne ho conosciute, ci sono stato bene insieme, ma la prima (lei) non la dimenticherò mai.

 

(Pino Ingemi)

 

Fiume insanguinato

 

Correva l'anno 1934, in una famiglia-bene: fra marito e moglie c'erano dei dissapori; non perchè non si volessero bene, si amavano alla follia. Il nocciolo del problema era serio, e cioè:... la moglie si era fatto un problema psicologico per il fatto che dopo la nascita del primo ed unico figlio non poteva avere più figli. Dal canto suo il marito, innamorato alla follia della sua donna, cercava una soluzione a tale grosso problema. Un bel dì, il lampo di genio: adottare un trovatello preso all'orfanotrofio. Presto fatto, ne parla alla moglie che subito acconsente.

Il giorno dopo i due si recarono al Pio Istituto San Giuseppe dove risolsero la questione ed in un batter di ciglia, dopo i tempi previsti dalla legge allora in vigore, adottarono un frugoletto di otto anni, di nome Nino, della stessa età del loro figlio naturale.

Dopo qualche tempo l'altro figlio, invidioso, abituato ad essere trattato da figlio unico con i dovuti vantaggi, non essendo d'accordo con la decisione dei genitori, cercò in tutti i modi di mettere in cattiva luce il fratellastro.

Mario, il figlio naturale, un brutto giorno decise di fare la cosa più brutta che un semplice bambino potesse architettare, cioè prese il fazzoletto di Nino e vi avvolse un anello di grande valore sia affettivo che di danaro. 

Seduti che furono a tavola per cena, ad un certo punto Nino estrasse dalla tasca il suo fazzoletto per pulirsi il nasino e per forza di cose cadde per terra l'anello. Tutto ciò non passò inosservato. Allora i genitori fecero finta di niente, ma... passarono due giorni, che Nino fu portato da una psicologa che tuonò: “Cleptomaniaessendo che al bambino non facevano mancare nè soldi nè altro.

Risolsero la cosa rinchiudendo il bambino in una clinica specialistica per malattie mentali….

Quando fu che Nino, dopo svariati anni e dopo avere sopportato di tutto, uscì da quel luogo che per lui fu un luogo di pena (al tempo aveva 21 anni), a quel punto potè decidere di non tornare più in quella famiglia che tanto lo fece soffrire.

L'uomo "Nino", uscito che fu da quell'orrido posto, cominciò a pensare al suo futuro. Cominciò a girare per cercare lavoro, ma all'atto di presentare un valido curriculum, non seppe più che fare. Girò tutta la città in cerca di lavoro, ma si ritrovò solo con i suoi tristi e malsani pensieri.

La tragica decisione: di notte arrivò trafelato su un ponte altissimo, nel punto dove il fiume era più profondo, alzò la prima gamba e si trovò a cavalcioni sul parapetto, quando sentì due poderosi colpi alla spalla........

Quando ebbe quei poderosi colpi alla spalla si girò di scatto, tolse la gamba dal parapetto del ponte e vide un'esile figura di un vecchietto con i capelli completamente bianchi che quasi non si reggeva in piedi.

Nino: Perchè fai questo?

Il vecchio: Io, se non ci fossi stato tu in quella posizione, mi sarei buttato giù.

Nino: Possibile che non sono il solo disgraziato a questo mondo?

Il vecchio: Sapessi, caro ragazzo, quanta sfortuna nella mia vita... Vivevo in una bellissima famiglia, mia moglie ed un caro ragazzo. Il mio unico e meraviglioso figlio. Un brutto giorno, quando finimmo di desinare per festeggiare il diciottesimo compleanno di mio figlio, lui tuonò: Papà, adesso che sono a diciotto anni vorrei uscire liberamente con i miei amici ed andare in discoteca... Detto, fatto. Lui..., Giuseppe, si mise in ghingheri e presa la porta mi disse: Papà, se torno tardi non ti preoccupare. Si fecero le sei del mattino e lui, Giuseppe, non accennava a tornare a casa. Io mi preoccupai..., alchè trillò il telefono: era l'ospedale cittadino che mi avvisava di quello che era accaduto a mio figlio senza nemmeno curarsi di quello che mi comunicavano. In poche parole, il mio povero frugoletto era in coma profondo per un'overdose di quelle pastiglie micidiali che altri ragazzi della sua stessa età andavano a invitare a provare per "volare"... come usano dire nel loro sporco gergo malavitoso. Alchè mi precipitai in ospedale, dove il mio povero ragazzo era addirittura piantonato da due agenti di polizia penitenziaria. Era accusato addirittura di essere un pusher, cioè uno spacciatore. Quando ebbi parlato con uno di loro, mi raccontò l'accaduto. Alle prime luci dell'alba, quando i ragazzi sono generalmente nel clou del divertimento e abbastanza stanchi per discernere qualsiasi cosa, mio figlio dette una pastiglia addirittura alla figlia del prefetto locale che era pure lui nella stessa stanzetta d'ospedale, incredulo del fatto in quanto fra di noi correva una stretta amicizia da quarant'anni. Ad un certo punto arrivò l'ordine perentorio ai due agenti di continuare a rimanere nella stanzetta non per piantonare il ragazzo, ma per tenere gli occhi bene spalancati, in quanto gli inquirenti e gli investigatori erano arrivati a determinare con esattezza l'accaduto, e cioè che non era stato il mio frugoletto a spacciare, ma l'ex ragazzo della figlia del prefetto che, visti insieme a ballare guancia a guancia i ragazzi, si era ingelosito e, chiamato il mio povero pargolo in disparte, aveva offerto una bevanda drogata a lui, che subito si era sentito male.......

Siamo ancora in quella "tragica" stanzetta d'ospedale. Ad un certo punto Pietro, il prefetto, chiamò in disparte il padre di Giuseppe.

Pietro: Giovanni, andiamo a prendere una boccata d'aria.

Subito Giovanni (il padre del ragazzo in coma) capì che l'amico di mille avventure (ripeto: si conoscevano da 40 anni) era pronto a passare alle vie di fatto.

Pietro: Adesso mi sono stancato di sopportare questi spacciatorelli da quattro danari !

Giovanni: E cosa possiamo fare?

Pietro: Dovremmo trovare un'idea per far pagare l'accaduto ed anche dare una lezione a questi malavitosi che infestano i luoghi di divertimento e le scuole dei nostri e di tutti i giovani.

Alchè Nino, malgrado i due parlassero piano per ovvi motivi, disse: Guardate, io, essendo sconosciuto in città, potrei tentare d'infiltrarmi in uno di questi posti e far pagare sia all'ex di sua figlia che a quanti altri per così dire "giovani" deviati, e secondo me anche poco intelligenti, per il semplice motivo che ritengo che per essere delinquenti hanno scarso ragionamento.

Pietro: Io potrei essere d'accordo, ma abbiamo il fior fiore d'investigatori.

Nino: Sì, ma è facilissimo che qualcuno di loro conosca i suoi uomini, visto che ancora continuano ad imperversare sia nella nostra città che dovunque.

Pietro: Mi hai convinto vista la tua stazza, ma come la mettiamo col fatto che loro sicuramente girano armati?!

Nino: Facciamo una semplice prova. Estragga la sua pistola che ho notato Lei porta attaccata con una fondina speciale alla gamba....

Alchè Pietro fece un sorrisetto e disse: Svelto di cervello il ragazzo, dovresti arruolarti in polizia...!

Detto questo Pietro estrasse la pistola, che lui portava generalmente con la sicura. Dopo una frazione di secondo, Pietro non vide più davanti a sè Nino, ma si sentì stringere da una forza poderosa il collo e, dopo aver fatto mezzo giro per aria, si ritrovò per terra con tutto il corpo e il braccio della mano, dove teneva la pistola, in una poderosa morsa fra le gambe di Nino il quale spiegò che in quella specie di manicomio, dove era stato per molti anni, era recluso anche un vecchietto di circa settantotto anni che gli insegnò come difendersi.

La discussione cadde lì, perchè i tre rientrarono nella stanzetta dove c'era Giuseppe. Ad un certo punto Nino entrò oltre il velo ad ossigeno che separava tutti dal povero Giuseppe. Nino prese la mano di Giuseppe fra le sue e, con le lacrime agli occhi, gli gridò: Disgraziato! Non puoi morire a quest'età! Rispondi per favore! Giuseppe reagisci, non puoi dare a noi tutti questo smacco!

Alchè Giuseppe mosse una mano e sussurrò: Alessandra, ti amo…, un po’ d'acqua per favore!

Alessandra era la figlia di Pietro, il prefetto.

Chiunque, leggendo, si è reso conto che, dopo che Nino ed il padre del ragazzo in coma dopo il rocambolesco incontro, si recarono subito da Giuseppe in ospedale.

Passarono due giorni, periodo nel quale Giovanni ospitò Nino (che fra l'altro non sapeva dove andare). In questo brevissimo lasso di tempo i due divennero subito amici.

Giuseppe: Nino, perchè ti sei deciso a fare questo per noi?

Nino: Sai, io da quando conosco tuo padre sono rinato a nuova vita ed aiutare gli amici, come ho intenzione di fare, è, nonostante la mia rocambolesca e giovane vita, quello che ogni persona dovrebbe fare, cioè amalgamarsi e rendersi utile al prossimo. Vieni, andiamo fuori a fare quattro passi !

Fuori che furono, i due cominciarono a discorrere della vita e delle loro esperienze e conoscenze di essa.

Allora, disse Nino, raccontami di quella sera nei minimi particolari perchè devo riuscire a capire con chi avrò a che fare !....

Descritto che fu tutto l'andazzo, Nino disse: Allora, di’ a tuo padre di farmi avere due assi di legno alte fino al mio petto, un sacco vuoto di iuta, un bel po’ di sabbia, venti metri di corda normale come quella che si usa nelle palestre per saltare, un po’ di terra, due contenitori da pittura, quella che si usa per dipingere i muri, ed infine 100 chili di cemento.

Giuseppe: Cosa ?!

Nino: Fa quello che ti dico. Tutto ciò che farò, lo faremo insieme !

Passato che fu un mese esatto da quel giorno quando Nino si costruì la sua piccola palestra (con un bilanciere da 100 kg., un sacco dove allenarsi a dare pugni e calci e tutto ciò che potesse servire all'uopo). Durante questo mese Nino insegnò anche a Giuseppe un po’ di difesa personale con le prime basi delle discipline orientali.

Adesso passeremo all'azione, tuonò Nino.

La sera stessa Giuseppe e Nino (era di sabato) si recarono in discoteca. I due, entrati che furono nel luogo, si separarono e si posero ai due lati estremi della discoteca.

Giuseppe si unì ai suoi soliti amici. Nino, dal canto suo, si sedette in disparte poco dopo. Egli era come se nelle discoteche ci fosse nato. Con la sua barbetta, occhiali scuri e mezzo sigaro in bocca si accostò al banco bar ed ordinò una bevanda tipica di quella discoteca, cioè un Tropical. Tutte le ragazze, vedendo il classico tipo da discoteca, cioè Nino, cercavano di farsi notare. Alchè Nino si accostò a Giuseppe e, come d'accordo, gli disse: ciao Giuseppe, ti ricordi di me? e Giuseppe: Forse... non so, non ricordo...! e subito Nino: Se ben ricordo ci siamo visti all'ospedale Garibaldi. Tu stavi per andare via ed io su una sedia a rotelle entravo…, e subito Giuseppe: Ah!... ricordo... ti avevano sparato alle gambe per sbaglio, durante una rapina al Trocadero… (locale notturno d'elite in città). Gli altri, dal canto loro, s'interessarono alla cosa.

Nino: Sì, mi trovavo con amici a bere il bicchiere della staffa per poi andare a dormire, quando entrarono tre loschi figuri che arraffarono tutto l'incasso della serata del locale.

Una tra le più belle ragazze della comitiva subito gli chiese: E... non hai avuto paura? Nino: Beh, sai, io nella mia vita ne ho viste di cotte e di crude, così mi beccai sette colpi al torace. E meno male che non hanno leso organi vitali!

Considerato che fu come un eroe, Nino ad un certo punto, sentito l'inizio di una canzone che si ballava lenta, invitò la stessa ragazza a ballare. Finito il disco i due (Nino e la curiosa Marlene), si scostarono dalla comitiva, si sedettero su una poltrona e cominciarono a parlare. Questo non passò inosservato ad un ragazzo, che era ritenuto il macho della comitiva.

Marlene...Marlene, disse Nino, tu non mi convinci... sei così sexi, così colta... so cosa fai qui.

Marlene: E tu?

La stessa cosa, ribattè Nino.

Come te ne sei accorto?, disse Marlene.

Guarda, disse Nino, se non hai un gatto abbastanza pesante in borsa... sei armata e non mi sembri una delinquente in cerca di danaro, visto che tutta quella non è bigiotteria. Presentati !

Alchè Marlene: Ispettore capo Maria Concetta Borgosano.

Ah!, mi hanno affibbiato una mezza calzetta, disse Nino, vedendo che la fantomatica e sexi Marlene ebbe un sussulto di diniego. Naturalmente scherzo, continuò, all'inizio ci sarebbe cascato chiunque. Adesso pensiamo al dafarsi... questa canzone è sempre stata di mio gradimento. Balliamo?

Marlene: Ci fai o ci sei?

Beh, visto che non è una battuta, disse Nino, amalgamiamoci ben bene...

Così cominciarono ad avviarsi verso la pista da ballo, ma, mentre fanno per alzarsi, Nino ripiombò sul puff spintonato da Nunzio (il macho della comitiva).

Alchè, subitaneamente come un fulmine, Nino si abbassò, prese alle caviglie Nunzio e, tirando indietro piegando le braccia, fece arrivare il famigerato macho  a spalle per terra. Visto l'andazzo, Marlene accennò ad alzarsi, ma Nino la bloccò.

Alchè Nunzio gridò a squarciagola: Ragazzi !

Arrivarono due ragazzoni alti circa due metri con un giro-torace abbastanza largo da far paura a chiunque. Nino fu come una saetta, balzò in piedi, ma i due lo bloccarono da ambedue i lati tenendolo per le braccia.

Alchè ne nacque un furibonda colluttazione fra i tre. Nino reagì subitaneamente attirando a sè i due con una poderosa forza quasi sovrumana, pestando subito un piede al gigante di destra che, allentando la presa, gli permise di girare una gamba dietro la piega delle ginocchia di quello di sinistra e lo stesso Nino, passando l'intero braccio fino al contatto del torace di esso e con mezzo giro del proprio plesso solare (bocca dell'anima). In termini tecnici delle arti marziali si chiama "taysabakì". Muovendo all'indietro il braccio e conseguentemente spazzando con la sua gamba l'interno delle ginocchia dell'avversario, lo catapultò per terra all'indietro.

Adesso si trovò faccia a faccia con quello di destra che, neanche accorgendosene, si ritrovò le gambe di Nino strette al proprio collo ed automaticamente, essendo vittima di una "sforbiciata", con Nino che compì nuovamente il “taysabakì”, il mezzo giro, questa volta a mezz'aria, andò a cadere rovinosamente sul banco-bar.

A questo punto Nunzio e i due giganti, per così dire, si fiondarono subito fuori dal locale. Nel frattempo tutte le persone che erano nel locale si eclissarono da buoni pusillanimi.

A questo punto Marlene, Nino e Giuseppe si piazzarono al centro della pista con la ragazza con in mano la pistola, Nino con un classico attrezzo ginnico da Ninja, cioè due sbarre da quaranta centimetri circa l'una legate fra di loro da una catena d'acciaio, ma tutto questo non bastò perchè subito dopo entrarono nel locale circa dieci persone (compreso Nunzio), tutti armati di mitraglietta. Alchè Nino gridò: Arrendiamoci !

Dopo circa dieci minuti i tre si ritrovarono su di un furgoncino con gli occhi bendati, con cinque di quegli energumeni armati che li sorvegliavano.

Ad un certo punto della corsa in furgone, l'autista prese male una curva e gli otto occupanti l'interno del furgone si ritrovarono in una sorta di groviglio umano, che dette modo ai tre di togliersi le bende dagli occhi e di disarmare i delinquenti. Subito Nunzio, dalla cabina di guida, gridò: Tutto bene lì dietro?, e subito Nino, camuffando la voce, disse: Tutto a posto !

Arrivati a fine corsa, si aprì il portellone posteriore del furgone ed i tre zomparono fuori. Allora, d'accordo con Nino, Marlene e Giuseppe, vista una macchia erbosa, vi si nascosero. Nino, dal canto suo, si ritrovò insieme agli altri cinque armati di mitra che, tralasciando - visto l'andazzo - gli altri due malcapitati, scortarono Nino fin dentro una villa.

Nino fu lasciato solo in una stanza adibita a studio con due poltrone ed una scrivania, dietro la quale era seduto su un'ennesima poltrona che dava a vedere solo lo schienale e si intravedeva una persona seduta. La poltrona fu girata dalla persona seduta, così Nino potè vedere in faccia l'altro che ordinò a tutti i suoi scagnozzi d'uscire dalla stanza. Il malcapitato Nino si accorse della presenza nella stanza anche di quattro mastini napoletani, cani da guardia e da combattimento.

Girata che fu la poltrona, istantaneamente Nino, con sgomento e rabbia, gridò: Mario, tu !?

In poche parole la persona che, da come il lettore può capire, era il capo di quei masnadieri, non era altri che il fratellastro di Nino ed ovviamente anche la causa di tutti i suoi guai…..

Alchè Mario disse: Allora sei proprio tu che vorresti far cessare il mio commercio?

Ti rendi conto, rispose Nino, che voi e tutti quelli della tua stessa risma state mettendo a repentaglio la giovane vita di questi poveri ragazzi con le schifezze che date loro?

, disse Mario, il che fino ad ora mi ha fruttato molti milioni di Euro !....

Basta!, disse Nino, mi avete schifato !

Tutto d'un tratto Nino estrasse da ciascuna gamba, stesse fondine come il prefetto, due grosse pistole e subito, con quattro colpi secchi e rumorosi, uccise i cani. Mario si catapultò dalla poltrona prendendo in mano un mitra sul tavolo e si nascose dietro la scrivania. Nino, balzò subito dove c'era Mario e, buttate le pistole, afferrò Mario per la gola, ma l'altro, mentre Nino gli afferrava il collo per strangolarlo, prese un tagliacarte dalla scrivania e glielo piantò in pieno petto, ma questi non si fermò fino a quando non gli fece esalare l'ultimo respiro. Per la colluttazione dal cranio di Mario usciva copioso un fiume di sangue, alchè Nino uscì dalla stanza piangendo ed urlando a squarciagola. Era ferito al torace e si buttò di peso nella cabina di guida del furgone fra le grida di Giuseppe e Marlene.

Arrivato che fu al suo caro fiume, salì sul parapetto e si buttò giù. E mentre il suo stanco corpo s'inabissava, saliva a galla una grande macchia rossa di sangue.

 

(Pino Ingemi)

Indietro