Sette giorni

 

Stazione Centrale di Napoli, venerdì pomeriggio, 23 maggio 1975, ore 17.

Il diretto proveniente da Roma delle diciassette e zerocinque

è in arrivo al binario 12

 

Annunciava l’altoparlante.

Ero lì da circa mezz’ora.

Impaziente, un po' d’ansia, l’ennesima sigaretta in bocca.

Tra pochi minuti l’avrei rivista, abbracciata, stretta forte. Poi, in serata……

Avete mai aspettato un treno in una stazione affollata, caotica, un po' disordinata e piena di voci

suoni rumori?

Forse non è nemmeno l’attesa che ti da quel senso di fastidio e irrequietezza, è la consapevolezza

della inadeguatezza

Non vorresti essere lì, non ti interessa, ma devi, vuoi, lo desideri. Per lei.

Lei, che fra qualche minuto tornerà a farti dimenticare qualsiasi atteggiamento pessimistico ed

inutile.

Lei, che è riuscita, in pochi giorni, ad aprire una crepa “fantastica” nella tua vita un tantino grigia.

Pensare a lei era l’attività principale da una settimana a questa parte.

E la cosa certo non ti dispiaceva.

Svegliarsi, prepararsi, andare in ufficio, pensando a quando, in serata, l’avresti incontrata, era

certamente l’attività più proficua che ti si prospettasse da alcuni anni questa parte.

Quella sua aria un po' misteriosa e sbarazzina, il suo parlare svelto ma deciso; quell’andatura e quel

passo tanto tranquillo e tanto difficile da dimenticare.

E la stretta delle sue braccia intorno al mio collo; le sue mani che con dolcezza accarezzavano la

mia “pelata”.

Cosa aveva trovato in me ?

Lei, piccola, bruna, molto carina, il nasino in su ed un tocco di “francese” nei modi.

Io, altrettanto “piccolo” (qualche maligno insinuava fossi…. basso!), pelato, baffi ispidi, quasi

sempre una sigaretta fra le labbra.

Lavoravo in banca da quasi due anni e già non ne potevo più, ma bisognava pur metter un piatto a

tavola.

A ventun’anni avevo anche pensato a qualcosa di più interessante e stimolante, ma, evidentemente,

il cassiere di banca era il mio destino (eventualmente qualcuno credesse nel destino).

Comunque, ora c’era lei, arrivata come un benefico ‘fulmine a ciel sereno’ da appena una settimana,

ma pienamente ed intensamente inserita nel mio essere come una malattia.

Ero lì che aspettavo un treno che stava per arrivare e, nell'attesa, ritorno con la mente all'ultima settimana trascorsa: certamente "strana" ed altrettanto emozionante.

 

Sabato mattina.

Squilla il telefono. “Ciao, sono Nicole. Ci siamo conosciuti ieri sera a casa di Roberto ed ho avuto il tuo numero da Michele. Ti va di vederci?”.

Ero stato a quella festa la sera prima e conoscevo quelle persone, ma non ricordavo affatto di lei.

Sulle prime pensai ad uno scherzo ma, vinto dalla curiosità, accettai l'appuntamento.

Subito dopo telefonai a Michele, che non ricordava affatto di lei. Il mistero si infittisce.

Il pomeriggio ci incontriamo e mi rendo conto di non ricordare affatto questa ragazza, peraltro molto carina.

Dopo una passeggiata in auto, un caffè, quattro chiacchiere, decidiamo di appartarci in un luogo tranquillo per parlare e conoscerci meglio: la passione scoppia improvvisa! Ed una felicità incontenibile ci colpisce.

A fine serata non volle essere accompagnata a casa. Prende un taxi.

Come mai? Che strano comportamento!

 

Domenica

Mi telefona e stiamo tutto il giorno insieme. Una domenica da sogno! Ma senza mai svelarsi più di

tanto. E tornando sempre a casa in taxi.

 

Lunedì/Martedì

Mi telefona tre/quattro volte al giorno, in ufficio ed a casa, per sentirlo e mantenere acceso il rapporto. Che gioia quegli incontri serali!

 

Mercoledì

Questa misteriosa ragazza si presenta all’appuntamento con un regalo troppo "importante": un accendino d'oro, ma continua a negare indirizzo o recapito telefonico.

“Sai, domani devo andare fuori città per due giorni a trovare mia nonna e così ho pensato di portarti qualcosa che ti faccia pensare a me!”

 

Giovedì

“Ma chi è questa assatanata che ti chiama in continuazione? Oggi è già la quinta volta che telefona!”. Mi urla il direttore.

Sembra che Nicole non riesca a stare senza la mia voce. E prendiamo appuntamento per l’indomani, alla stazione.

 

Venerdì

Chiedo un permesso in ufficio e mi catapulto in anticipo alla stazione: mi ha telefonato per ricordarmi che arriverà con il treno del pomeriggio e per raccomandarmi di andarla a prendere all’arrivo: vuole rivedermi subito!

Mentre sono perso in questi ricordi, il treno arriva, i passeggeri scendono, avviandosi verso l'uscita; scendono anche i ferrovieri ed arrivano gli addetti alle pulizie delle vetture.

Ma Nicole non arriva!

Non la rivedrò mai più e non saprò più nulla di lei.

 

(Adalberto Fornario) (Ispirato ad una storia vera!)

 

Come l'eroe danese….

 

"Come l'eroe danese, la mente vaga..."

E non riusciva ad andare oltre.

Erano mesi che tentava di terminare quella sceneggiatura ed il produttore si faceva sempre più insistente.

Avrebbe voluto scrivere un film sulla sua condizione, ma non si sentiva più un Amleto o, almeno, così gli sembrava.

Stava soffrendo ancora per i postumi di quella dolorosa ma, come diceva lui, "dolce malattia" ed il ricordo dei giorni trascorsi a letto in compagnia solo di lei o in attesa che lei se ne andasse, era l'unico pensiero che lo accompagnava.

Ma non riusciva ad andare oltre.

Forse sarebbe stato meglio scrivere un film comico, ma non è facile far ridere la gente, sempre, per tutto un film, anche se non si riteneva un tipo triste.

Il produttore, in fondo, avrebbe accettato qualsiasi cosa pur di iniziare le riprese (e non perdere i finanziamenti).

Ma la penna, dopo il primo rigo, sembrava incepparsi.

Avrebbe potuto raccontare di lei!

Sì, poteva essere una buona idea.

Decise di provarci e si gettò a capofitto nella faccenda, partendo dall'inizio.

Non si era trattato di una malattia strana o sconosciuta, in fondo poteva capitare a chiunque, ma lei, arrivata col freddo (come influenza o raffreddore), lo aveva trovato "scoperto" e gli si era insinuata lentamente.

I sintomi erano stati quelli classici, anche se senza febbre e senza rigetto. Gli stessi sanitari non si erano preoccupati più di tanto, anche se continuavano a non saper dare spiegazioni al fenomeno.

Verso la primavera, col caldo, si aspettava qualche miglioramento, ma le cose non migliorarono, anzi sembrava che il tepore d'aprile accentuasse i sintomi ed i pericoli.

Bisogna dire che, dopo le prime reazioni, non fece granchè, in seguito, per guarire e la cosa non gli sembrò affatto strana.

Intanto, come accade quando non ti curi bene, il male si insinua e ti aggravi, ma lui, in tutta incoscienza, non dava segno di accorgersene ed a niente erano valse le preoccupazioni e gli allarmi dei sanitari: in fondo, con questa malattia, cominciava a starci bene.

Si svegliava ed il pensiero di dovere o di potere sentirsi male non sempre lo affliggeva: ormai il male era diventato come parte di sè.

Venne l'estate e, si sa, col caldo forte i sensi, fisici e psichici, si adagiano un po’ e si rischia maggiormente il contagio di malattie periodiche.

In lui avvenne una reazione contraria. Iniziò ad uscire di casa, anche contro il parere dei sanitari e tornò a frequentare le strade e le piazze, cosciente che lei era lì, accanto a lui, dentro di lui: non poteva più farne a meno, era un malato che stava diventando grave.

Andò in vacanza come tutti, ma sentiva di essere diverso; in fondo gli pareva di avere qualcosa in più degli altri. Ma il sole ed il mare non gli fecero bene.

Dopo le vacanze tornò a chiudersi in casa ed i sanitari gli consigliarono un periodo di montagna. Partì. Sembrava che le cose si stessero mettendo bene ma, senza la sua "dolce malattia" si sentiva diverso da prima, gli mancava qualcosa e, tornato in città, quasi come un andare a cercarsi il contagio, si ammalò di nuovo.

Ed oggi ?

Così avrebbe concluso la sceneggiatura. Con i dubbi e le perplessità sul presente; quindi il rimando all'eroe di Shakespeare era ben azzeccato e, forse, lo avrebbe usato come titolo.

Era mattina inoltrata quando si presentò con una bozza della sceneggiatura a casa del produttore, che lo accolse cordialmente, come sempre (era anche il suo mestiere, d'altro canto). Vi trovò anche la segretaria di edizione degli ultimi suoi film ed uno dei protagonisti dei tanti serial televisivi, cugino del produttore.

Parlarono, inizialmente, del più e del meno, di alcuni progetti e dell'andamento della campagna pubblicitaria televisiva per l'ultimo film prodotto.

Subito dopo, entrarono nel vivo dell'incontro e lui presentò il soggetto del film, esponendone la sceneggiatura per sommi capi.

Il produttore e gli altri ascoltarono con attenzione (forse!) il tono pacato e tranquillo del suo parlare e, alla fine della sua esposizione, iniziarono le domande e le perplessità

E' un racconto che interesserebbe?

La gente sarebbe interessata alla storia di una malattia che, in fondo, si incontra ogni giorno in tanta parte dell'umanità?

Il produttore, dovendo investire dei soldi, voleva sentirsi almeno tranquillo, se non soddisfatto, del suo rischio.

Fino ad allora, il rapporto fra i due era stato molto proficuo, visti i risultati (e qualche premio) ottenuti con gli ultimi tre film fatti insieme.

Lui cercò di sciogliere i dubbi del produttore, assicurando tutto il proprio impegno per la realizzazione di ciò che sentiva profondamente suo e che, in fondo, lo continuava a seguire e, in parte, a tormentare.

Tutti quegli ultimi mesi trascorsi in compagnia della sua "dolce malattia" non sarebbero stati vissuti invano: avrebbe realizzato la sua opera più affascinante e più sentita.

Un pezzo della sua vita sarebbe scorso sullo schermo bianco d'una buia sala cinematografica.

Il produttore lo seguiva affascinato e si fece consegnare la bozza della sceneggiatura.

Gli avrebbe dato una risposta entro pochi giorni.

Lui salutò e li lasciò, portandosi dietro l'immagine d'un malato perfettamente cosciente e, forse, in via di guarigione.

 

(Adalberto Fornario)

Indietro