Leggenda di Natale
In un piccolo paese di nome Kressburg, in Germania, viveva una vecchia signora di oltre cent'anni: si chiamava Kate.
Una sera, era la sera del ventiquattro dicembre, nella piccola casa entrò improvvisamente la Morte: era passata dalla porta chiusa, silenziosamente.
Kate, che stava sferruzzando, alzò gli occhi su di lei:
E’ ora? Chiese ansiosa.
E' ora, rispose la Morte.
Aspetta ancora un pò, te ne prego, supplicò la vecchina. Devo finire questa maglia di lana.
Quanto tempo ti occorre?
Kate diede uno rapido sguardo al lavoro, fece mentalmente un breve conto e rispose:
Due ore. Due ore mi bastano.
E' troppo.
Ma io devo assolutamente finire la maglia. Tutti gli anni ne faccio una per il Bambino che nasce. E se non riesco a finirla, il Bambino avrà freddo. Non senti che gelo?
Due ore di ritardo nell'ubbidire alle leggi di Dio, rispose la Morte, significano duecento anni di pene da scontarsi in Purgatorio prima di raggiungere la Pace Divina.
La vecchina ebbe uno sgomento. Ma poi scosse il capo: Non importa, rispose. Il Bambino, senza maglia, soffrirebbe. Duecento anni? Pazienza.
E continuò a sferruzzare veloce, mentre la Morte, in un angolo, attendeva.
Mancavano pochi minuti alla mezzanotte, Kate alzò il capo:
Sono pronta, disse alla Morte.
Uscirono insieme e s'incamminarono vicine sotto il cielo coperto di stelle.
Sulla grande strada alberata dovettero fermarsi. Circondato da un alone di bianchissima luce, avanzava il Bambino che si recava a Betlemme. La vecchina s'inginocchiò e, quando Egli le fu vicino, gli porse la maglia. Il Bambino si fermò, guardò la Morte che attendeva poco discosta e chiese: Dove andate?
A scontare duecento anni di pene per raggiungere la felicità eterna..., rispose la vecchina.
Il Bambino la fece alzare e, rivoltosi alla Morte, disse: Vattene! L'accompagno Io.
Prese per mano la vecchia Kate e ritornò indietro sulla via percorsa, fino in Paradiso. Poi riprese il cammino per andare a Betlemme, ma quando vi giunse era mezzanotte e cinque minuti.
Kressburg, in Germania, è l'unico paese del mondo cristiano in cui le campane suonino la gloria della nascita del Redentore cinque minuti dopo la mezzanotte.
(Cristoforo De Vivo)
La domenica
E' mattina, sono quasi le otto ed apro gli occhi con un pensiero lieto: oggi è domenica.
Ecco, la porta della camera da letto si spalanca e mio padre prende possesso del bagno, mentre mia sorella scorrazza per la casa.
Poco dopo mia madre, la quale dopo avermi sollecitato ad alzarmi, si precipita in cucina per vedere che ne è della colazione.
Intanto, mia sorella sta inviando ad una sua compagna col telefonino la versione del compito di latino.
Nel frattempo, mio padre, rasato di fresco esce dal bagno.
Provo ad entrare io, ma mia sorella con la scusa che ha premura, mi caccia urlando con andatura.
La mamma ha preparato la colazione. La sento chiamare.
Corro a tavola, in tempo per salvare gli ultimi biscotti dalle grinfie di mia sorella, mentre mio padre e mia madre fanno progetti per un piacevole pomeriggio: infatti oggi è domenica.
(Cristoforo De Vivo)
Favola d'amore
Era una mattina d’inverno, quel giorno ero a casa, stavo male, mi sentivo solo e allora per ammazzare la noia entrai in quella chat che tu sai... Ero li non conversavo con nessuno... ma a un certo punto tu arrivasti scrivendo... "Scusa disturbo? " e io .. "Ma no figurati!"... iniziò così semplicemente. Tutti i giorni iniziammo a scriverci. Tu eri lontana molto lontana, ma io iniziai a sentirti vicino, ogni giorno sempre più vicino... fin quando arrivò di notte un tuo messaggio che iniziava cosi... "Chissà se tu stai provando la stessa cosa che provo io........ " e io risposi "Si! Ha un nome formato da cinque lettere e si chiama A M O R E!". Iniziò così la nostra stupenda, magica, assoluta, incancellabile, romantica, unica, meravigliosa FAVOLA D’AMORE e oggi voglio ringraziarti e dirti: GRAZIE AMORE PER AVER CREDUTO IN ME!!!!!!!!! TI AMO.
(Cristoforo De Vivo)
Non azzardarti ad accendere quei ceri
In quella notte fredda, molte sorprese attendevano Roman, ma lui non era preparato per nessuna di queste...
Terminata la messa, gli ultimi fedeli lasciavano a poco a poco la chiesa di S. Alessandro, in un villaggio vicino a Bialystok, nell'est della Polonia. Fuori, scendeva la notte ed il vento faceva piccoli mulinelli con i fiocchi di neve.
Roman, il pacato sacrestano, stava già chiudendo le porte, quando un uomo alto e corpulento entrò rapidamente nel sagrato del tempio. Si scrollò un po’ la neve sparpagliata sulla sua giacca e molto cerimoniosamente, lo salutò in maniera educata.
Certamente, egli non era del posto. Aveva un accento straniero e probabilmente era russo, ciò non era affatto strano, in quanto la frontiera non era molto lontana da lì.
Si scusò di essere arrivato così tardi e spiegò:
"Sono in viaggio e domattina presto dovrò trattare un affare molto importante per me”.
Affinchè tutto mi vada bene, ho deciso di fare una promessa alla Vergine.
Guardi, ho portato con me questi due ceri e desidero accenderli proprio vicino a quella statua della Madonna della Pace, poichè so quanto grande è la devozione che la gente di qui ha per Lei.
Roman, un po’ contrariato, rispose che solitamente non venivano accese candele su quell'altare.
Il forestiero però si mostrò insistente e per risolvere qualsiasi dubbio trasse dalla tasca tre monete d'argento.
Era un'offerta difficile da rifiutare per un padre di una famiglia povera e con molti figli.
“Bene, in questo caso, possiamo fare un’eccezione, credo.... facciamo così: le lasci accese per tutta la notte, ma domattina dovrò portarle via, perchè a padre Peter non piacerà molto tutto questo”.
Il forestiero fu d'accordo e dopo essersi accertato che le candele venissero collocate nel luogo richiesto, se ne andò, così rapidamente come era arrivato.
Parve un po’ strano al sacrestano che, volendo fare una promessa, non avesse pregato un po’ davanti all'altare e che non si fosse fatto nemmeno un segno della croce prima di uscire. Ma girate le spalle, cominciò a pensare ad altro.
In fin dei conti, l'uomo sembrava avere proprio molta fretta....
Finito di mettere tutto in ordine, Roman si predisponeva a chiudere bene a chiave la chiesa e ad andarsene via, quando, passando davanti all'altare della Vergine, si ricordò che non aveva ancora recitato il suo ultimo Rosario.
Bene – pensò - forse sarà meglio terminare il Rosario a casa, dove per lo meno starò al caldo.
Ma nel contempo, sentì un’insolita volontà di rimanere davanti alla statua.
Oltretutto, essa era splendidamente illuminata da quelle due candele, che erano proprio enormi.
Essendo vuota, la chiesa diventava sempre più fredda. Egli indossò la sua giacca, si aggiustò bene il cappello di pelle in testa e, sedutosi vicino all'altare, cominciò a pregare.
Il freddo gli procurava una certa sonnolenza, distraendolo tra le Ave Maria e i Padre Nostro. All'improvviso, con gli occhi che quasi si chiudevano, gli sembrò di vedere una delle statue d'angelo della pala d'altare che si riempiva le guance di aria e soffiava con forza sulle candele lì poste.
“Sto sognando ad occhi aperti!”
Nel frattempo, le candele si erano spente.
Era mai possibile? Si guardò intorno, cercando qualche finestra aperta, ma trovò tutto in ordine.
Da dove era entrato il vento che aveva spento i ceri?
Non comprendendo bene quello che era successo, li accese di nuovo e, per evitare di dormicchiare di nuovo, decise di terminare il rosario in piedi.
Non aveva ancora terminato una decina di Ave Maria quando nel volgere lo sguardo nuovamente allo stesso angelo, lo vide - questa volta nitidamente - soffiare di nuovo sulle candele. Le due candele si spensero, rimanendo soltanto un ondeggiante fumicello che saliva.
Roman deglutì a vuoto ed un brivido di freddo gli percorse la schiena.
Fece il segno della croce varie volte, indietreggiò di tre passi, ma subito dopo si ricordò di essere in una chiesa e, oltretutto, davanti ad una statua della Vergine, attorniata da angeli.
Quello non poteva dunque essere opera del maligno.
“Penso che il freddo mi stia dando allucinazioni!”
Accese allora le candele di nuovo e terminò il rosario il più rapidamente possibile.
Fatto questo, si preparò ad uscire dalla chiesa, ma prima, esitante, si avvicinò a quell'angelo, per osservarlo meglio.
Con grande stupore, la figura scolpita gli parve acquistare vita e, mentre lo guardava fisso, questi soffiò nuovamente sulle candele.
Non appena queste si spensero, l'angelo gli disse, con una voce soave, ma molto decisa:
“Roman! Non azzardarti ad accendere quei ceri!”
Il povero uomo, emettendo un urlo, cadde all'indietro. Sollevandosi, impaurito, uscì di corsa, fino alla casa del parroco che si trovava lì vicino.
Balbettando e con gli occhi sbarrati, gli raccontò l'accaduto.
Insieme tornarono alla chiesa (il sacrestano quasi nascosto dietro il sacerdote) e si fermarono davanti al misterioso altare.
Da persona nel contempo devota e molto decisa, padre Peter guardò fisso la statua, le figure degli angeli e, infine, i ceri spenti.
Un improvviso sospetto gli venne alla mente e decise di togliere le candele per esaminarle.
Constatò che erano molto più pesanti del normale.
Prese un temperino e, tagliando una parte laterale, scoprì con stupore e indignazione, che quei grandi ceri erano pieni di un potente esplosivo.
Volgendosi verso il sacrestano con un'aria molto seria gli disse:
“Vede Roman, questo miracolo ci insegna quanto dobbiamo essere vigili. E' bene dimostrare buona volontà e carità con tutti, ma bisogna mantenere sempre una prudente riserva, poichè ogni uomo ha in sè un lato cattivo. Del resto, la realtà è che, purtroppo, esistono certe persone che praticano il male deliberatamente. Non si può negare questo dato. Pertanto, mio caro Roman, teniamo i nostri occhi sempre bene aperti. E prestiamo attenzione ai prudenti messaggi e alle buone ispirazioni che il buon Dio molte volte ci manda, ai quali non sempre stiamo attenti”.
(Cristoforo De Vivo)